Importanza, caratteristiche e problematiche dell’olivicoltura in Calabria

La Calabria non è solo la seconda regione italiana per produzione olivicola ma possiede varietà uniche di cultivar di altissima qualità: un patrimonio da proteggere, valorizzare e promuovere. Il patrimonio varietale autoctono annovera 33 cultivar, di cui le più diffuse sono Carolea, Tondina, Roggianella, Cassanese, Moresca, Grossa di Gerace, Ottobratica, Dolce di Rossano e Sinopolese. Sono diffuse, inoltre, pregiate varietà alloctone quali Frantoio, Leccino, Coratina e Nocellara del Belice. Sono state riconosciute 3 DOP:

  • Lametia, in provincia di Catanzaro
  • Bruzio, con 4 specifiche geografiche, Sibaritide, Fascia Prepollinica, Valle del Crati, Colline Joniche Presilane, tutte in provincia di Cosenza
  • Alto Crotonese

È del 2016 inoltre la registrazione nella Gazzetta Ufficiale dell’Unione Europea (L 345 del 20/12/2016) della denominazione Olio di Calabria IGP – EVO mentre sono in corso di approvazione le DOP Golfo di Squillace, Locride e Presila Catanzarese. Alle DOP si aggiungono tipiche produzioni locali quali oli aromatizzati con spezie (peperoncino, rosmarino, limone, origano e basilico).

L'olivicoltura calabrese pone tra gli obiettivi prioritari il miglioramento degli gli aspetti qualitativi, producendo oli di bassa acidità e con buone caratteristiche organolettiche; la razionalizzazione della difesa fitosanitaria e delle pratiche colturali, per attenuare il fenomeno dell’alternanza di produzione; la ristrutturazione e l'ammodernamento degli impianti, anche mediante la sostituzione delle vecchie cultivar con cultivar più produttive; la riduzione dei costi di produzione, in particolare quelli relativi alla raccolta e alla potatura.

Sul fronte della protezione, negli ultimi anni sono state destinate consistenti risorse per implementare le strategie di lotta contro la mosca olearia (Bactrocera oleae), il principale parassita dell’olivo; per contro, la lotta contro le due principali malattie fungine di questa coltura, “l’occhio di pavone” e “la lebbra”, si basa tutt’ora su schemi obsoleti che prevedono l’impiego di trattamenti chimici “a calendario”. I limiti di questo metodo di lotta sono la scarsa efficacia, l’elevato costo, il forte impatto ambientale e i rischi per la salute del consumatore conseguenti alla presenza di residui di agrofarmaci nell’olio.

  • L’occhio di pavone dell’ulivo è una delle malattie più gravi di questa coltura, a livello mondiale. L’agente causale di questa malattia è il fungo Fusicladium oleagineum (sinonimo di Spilocaea oleagina). Presente in tutte le aree olivicole del mondo, attacca soprattutto le foglie e in condizioni ambientali favorevoli causa un’abbondante defogliazione, compromettendo la produzione di olive. La gravità della malattia è strettamente correlata alle condizioni ambientali e alla suscettibilità varietale. Tra le cultivar di olivo più diffuse in Calabria, sono molto suscettibili Carolea, Coratina, Moresca, Dolce di Rossano e Frantoio, suscettibili Nocellara del Belice e Sinopolese, relativamente resistenti Cassanese, Grossa di Gerace, Roggianella, Ottobratica e Leccino. La lotta chimica attualmente si basa su trattamenti chimici “a calendario” nei periodi più piovosi che devono essere sospesi con congruo anticipo prima della raccolta per evitare la presenza di residui di agro farmaci nell’olio.
  • Spilocaea Oleagina
  • La lebbra o antracnosi dell’olivo è la più importante malattia fungina delle olive a livello mondiale. Colpisce soprattutto le olive ma anche le foglie e i fiori. Causa perdite di prodotto sia in pre- che in post-raccolta ed ha conseguenze negative anche sulla qualità dell’olio. L’olio prodotto con olive infette da lebbra, infatti, mostra una colorazione anomala, elevata acidità e caratteristiche chimiche e organolettiche che lo rendono inadatto alla commercializzazione. La malattia, endemica in Calabria nella piana di Gioia Tauro (RC) e in Puglia nel Salento (LE), è causata da diverse specie di Colletotrichum. Anche per questa malattia è stata notata una diversa suscettibilità varietale ma le informazioni son meno dettagliate di quelle disponibili per l’occhio di pavone: la cultivar Ottobratica è più suscettibile della Sinopolese, la Frantoio e la Leccino sono considerate resistenti, la Cipressino suscettibile. La lotta chimica è particolarmente difficile perché è necessario sospendere i trattamenti proprio nel periodo in cui le olive sono più suscettibili alle infezioni, per evitare la presenza di residui di agrofarmaci nell’olio.
  • Anthracnose_Olive.jpg

SMART4AGRI, grazie all’implementazione di modelli agrometeorologici di simulazione e previsione, consentirà di prevedere il rischio di esplosione epidemica sulla base del rilievo dei dati climatici in campo. I modelli troveranno applicazione nella gestione fitosanitaria sostenibile e razionale di queste due malattie fungine dell’olivo. Gli output dei modelli potranno essere utilizzati per programmare tempestivamente i trattamenti, riducendone il numero ed aumentandone l’efficacia, e per stabilire l’epoca più opportuna per la raccolta, quest’ultima intesa anche come mezzo agronomico di lotta nel contesto di una strategia di difesa fitosanitaria integrata.